Cercando di tirare le somme …

Cercando di tirare le sommePersonalmente sono profondamente convinto che Internet sia diventato una componente strutturale nelle nostre vite. Del resto è innegabile che fornisca (anche) servizi molto utili, e tornare indietro è ormai impensabile, a mio avviso (oltre che forse quasi autolesionistico). E’ altrettanto innegabile che nel Web si possano reperire (anche) informazioni di qualità, spesso fornite con modalità di fruizione piacevoli e accattivanti. Il video di Cory Doctorow e quello di Eli Pariser postati su questo blog forniscono un buon esempio di contenuti di alto livello, secondo me.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Personalmente mi ritengo molto distante da coloro che considerano la Rete come una miracolosa panacea per i malanni di questa stanca umanità di inizio millennio, in quanto non ho mai creduto alle fonti taumaturgiche (e gratuite) di benessere e prosperità. Ho sempre sorriso all’affermazione che Internet avrebbe regalato all’umanità libertà e benessere, eliminando ogni possibilità di diffusone delle menzogne e garantendo verità ed informazione oggettiva grazie alle sue caratteristiche intrinseche. Ma non sono neanche intruppato tra le fila di coloro che considerano Internet uno strumento di massificazione e di lobotomizzazione di massa, sordido cavallo di Troia concepito per farci scivolare surrettiziamente in una distopia postmoderna.

Credo sia normale che un nuovo strumento tecnologico susciti aspri dibattiti tra i suoi apologeti e i suoi detrattori. Così è sempre stato, così è e così sempre sarà, secondo me. La tecnologia avanza ma l’uomo rimane sempre lo stesso, spesso preda delle sue emozioni e oscillante tra comportamenti opposti, alla ricerca di un equilibrio che forse la nostra specie non è in grado di raggiungere, a giudicare da quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro mondo, sempre più globalizzato e sempre più instabile.

Sono convinto che l’unico approccio che possa risolvere i nostri problemi nel lungo periodo sia quello scientifico. E’ grazie alla scienza che l’umanità non grufola più nei sottoboschi alla ricerca di radici da rosicchiare. Ed è grazie alla scienza che siamo sbarcati sulla Luna e abbiamo spedito una sonda su una cometa a 6,4 miliardi di chilometri di distanza, centrandola con precisione millimetrica dopo 10 anni di volo spaziale. Ed è sempre grazie alla scienza che disponiamo di uno strumento tecnologico – Internet – che grazie al Web (ma non solo) ci permette di comunicare in tempo quasi reale con remote regioni del globo terracqueo, e di condividere la conoscenza (ma anche molto pattume mediatico, inutile negarlo).

Diversi esperimenti scientifici sembrano dimostrare che l’uso del Web potrebbe riconfigurare il nostro cervello, allontanadolo dal pensiero profondo e lineare – figlio della cultura letteraria e padre dell’approccio scientifico – e riposizionandolo su una modalità di funzionamento basata sulla superficialità e sulla continua attenzione agli stimoli ambientali. Una condizione, quest’ultima, più affine all’uomo delle caverne, sempre attento a non lasciarsi sfuggire le prede e a non diventare lui stesso una preda, che all’uomo moderno (o presunto tale). In altre parole, potremmo diventare vittime di quella che alcuni considerano una Macchina della Distrazione, pittosto che uno strumento di produzione e condivisione di conoscenza. Mi sembra illologico non tenere conto dei risultati di questi esperimenti. A mio avviso non serve abbandonare o demonizzare la Rete, ma occorre farne un uso mirato e non esclusivo.

Difficile inoltre contestare l’esistenza di molte criticità. Le problematiche legate alla tutela della privacy, alla diffusione dei filtri algoritmici personalizzati (peraltro correlate a quelle della privacy), all’attendibilità dei contenuti del Web sono reali. Anche in questo caso esistono strumenti per poterci difendere. La prima cosa è essere consapevoli di queste criticità. Poi ognuno fa le sue scelte. Nessuno ci obbliga ad essere iscritti a Facebook, o di modificare i settaggi di condivisione delle proprie informazioni. Ci sono motori di ricerca (ad esempio DuckDuckGo) che asseriscono di non utilizzare algoritmi di personalizzazione. E’ possibile sperimentarli, non siamo tenuti ad utilizzare sempre e solo l’onnipresente Google. Alla fine, la difesa dei nostri diritti e della nostra libertà è spesso una questione di consapevolezza e di responsabilità personale.

Lo ripeto: la soluzione a queste criticità non consiste nell’abbandono o nella demonizzazione di Internet che, secondo me, al contrario va affinata e migliorata. Inoltre è nostra responsabilità essere consapevoli dei meccanismi di funzionamento della nostra mente e degli effetti su di essa delle varie tecnologie (e sostenere quanti vogliono introdurre legislazioni coerenti con la tutela dei diritti degli internauti). Consapevolezza che può essere acquisita solo tramite lo studio scientifico, e che  deve tradursi in comportamenti congrui.

Tanto per fornire un esempio personale, possiedo due lettori di ebook. Non li ho mai usati per studiare. Ho provato a più riprese, ma ho sempre fallito. Ho sempre studiato su libri cartacei o fotocopie. La lettura del libro di Nicholas Carr Internet ci rende stupidi? mi ha fornito gli strumenti per comprendere il perchè, razionalizzando e metabolizzando quanto avevo già intuito con l’esperienza.

Sono convinto che Internet sia uno strumento attualmente insostituibile e prezioso, a patto che – appunto – lo si usi come uno strumento, ottimo per alcuni scopi e pessimo per molti altri, e non come fonte unica di socializzazione e acculturazione. Quindi la Rete deve essere considerata come UNO dei componenti della dieta mediatica con la quale nutrire la nostra mente. Siamo noi a decidere quando accendere il computer – e il browser – e quando spegnerlo. Siamo noi a decidere quando (non) leggere libri (stampati). Siamo noi che dobbiamo essere sempre consapevoli che i media – per definzione – non sono la realtà, ma una sua rappresentazione. La libertà personale è legata alla piena assunzione di responsabilità delle nostre azioni (e pensieri). Non c’è libertà senza responsabilità. Ricordiamocelo sempre. Almeno noi che abbiamo la fortuna di vivere in Occidente, dove al momento la parola libertà ha ancora un senso.

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